“Zeus era una vera meraviglia della natura, certo di taglia un po’ eccessiva per un border collie, che tuttavia non si avvicinava affatto a quella di un pastore tedesco, con un fiuto per la caccia da springer spaniel inglese e l’intelligenza di un barbone francese. Incarnava un po’ tutti loro, e forse qualcosa di più. Il veterinario lo definì decisamente un “qualcos’altro”, affermando che non avrebbe mai potuto vincere il Best in Show, anche se con tutta probabilità sarebbe potuto rientrare tra i primi sei o anche quattro della sua categoria.”

Una Preposizione Sconveniente


Io e Zeus stavamo osservando dalle scogliere di Del Mar il sole che si inabissava nell’oceano Pacifico. I tramonti senza nubi non erano mai stati i miei preferiti. Nessun caleidoscopico fuoco d’artificio, solo una grande palla di fuoco, la fonte della vita stessa, che viene ingoiata dal mare. Potevo comprendere la ragione per la quale gli antenati adoravano le loro primitive divinità, mai totalmente certi di potere assistere all’alba del giorno successivo senza il loro intervento divino.

«La paura è una cosa buffa», affermò Zeus. Quel cane possiede la sorprendente capacità di leggere nel pensiero, contravvenendo all’umana nobile regola di rispettare la privacy. Secondo lui, i miei pensieri sono i suoi, solamente un po’ più ingenui. «Ti chiedi mai cos’è che suscita in voi la paura?».

«A quanto dicono, quando gli esseri umani si sentono minacciati, fisicamente o psicologicamente, si innesca la modalità del mordi o fuggi, o qualche altro comportamento finalizzato ad allontanarci dal dolore.»

«Piuttosto giusto», disse Zeus, «tuttavia stai solo descrivendo la superficie. Vai più in profondità. Qual è la radice di ogni paura umana?».

«Beh, se la paura è l’opposto dell’amore, ciò dovrebbe significare che…» mi arrestai a causa della mia evidente confusione.

Zeus ridacchiò. «Non è poi così difficile. La paura è ciò che si sperimenta quando si tenta di unire i due poli i poli nord di due calamite. L’amore è ciò che si prova quando si gira una delle calamite che poi si attraggono».

«Oh, mi stai dicendo che la paura implica repulsione mentre l’amore attrazione?».
«Questo potrebbe essere vero in termini fisici», rispose Zeus, «tuttavia andiamo ancora più a fondo. Alla fine, la forza nascosta dell’amore è l’unità, e la causa alla radice della paura è la separazione».

«Come quando ci si sente separati da Dio?».

«Proprio così!» disse Zeus. «Ma qui sta la vera rivelazione: non solo ci si sente separati da Dio, dalla Creazione, e da tutti gli altri esseri umani e le altre forme di vita ma, a causa di una parola apparentemente insignificante, anche da se stessi».

«Ora sono davvero confuso. Come posso essere separato da me stesso?».

«Perché sul dito indice della tua mano sinistra porti un cerotto?» chiese Zeus.

«Che domanda stupida! Eri lì quando mi sono tagliato cercando di aprire la noce di cocco facendo leva ».

«Grazie. Io non l’avrei saputo esprimere meglio».

«Di cosa stai parlando?» gli domandai.

«Chi fa cosa a chi?».

«Sono io a essermi tagliato».

«Allora da questo possiamo tranquillamente affermare che nella tua piccola mente, l’io è separato dal me stesso?».

«Non puoi affermare una cosa simile» balbettai, «non è che una figura retorica. O no?» gli domandai.

Zeus scelse di ignorare la domanda retorica. «Cosa hai provato quando ti è successo?».

«Ero seccato. Ricordo di avere fatto delle osservazioni sprezzanti riguardo alla mia mancanza di coordinamento, attenzione e intelligenza».

«Un vero spettacolo, se mi ricordo», disse Zeus. «Una tipica reazione umanoide se mai ce ne sia stata una. Ora lascia che ti rifaccia l’ultima domanda, cambiando però la preposizione. Chi ha fatto cosa per chi? Prova a rivisitare la circostanza del tuo incidente da questa nuova prospettiva».

«Che stupidaggini semantiche. Quale grande differenza esiste tra a e per?».

«Oh, non poi così tanta, se conti le lettere», disse scherzando Zeus. «Tuttavia le loro energie sono tanto diverse quanto l’amore e la paura – come comprenderai una volta che aprirai un po’ più la tua mente. Cosa mi dici del perdono?».

«Sembra sia una parola che va molto di moda nell’ambito della religione e della psicologia, che intima alle persone di porgere l’altra guancia o di comportarsi secondo morale quando si subisce un’ingiustizia» fu la risposta che gli resi.

«In realtà il perdono non è possibile. Semplicemente perché è così, non importa quanto tenacemente tu lo persegua».

Zeus vide l’espressione stupita sul mio volto. «Rilassati, amico. Sei stato indotto in inganno, credendo a un sacco di cose che non erano vere. E questa è solamente una. Il concetto di ingiustizia, o del giusto e dello sbagliato, esiste a ragione del giudizio. Finché esiste il giudizio, non può esserci il perdono. Tuttavia non appena sospendiamo il giudizio, tutto si dissolve e non rimane nulla da perdonare. Quindi come vedi, il perdono non è un atto. É semplicemente ciò che sembra accadere quando il giudizio viene rimosso da qualunque situazione».

«Ancora non capisco. Cosa hanno a che fare le preposizioni a e per con il perdono?».

«Mi stai prendendo in giro?», lo canzonò Zeus. «Ti stai ascoltando? Non riguardano per nulla il perdono, ma il giudizio. Ora fai attenzione, piccolo. Questo potrebbe essere uno dei pacchetti di informazione più utili che tu abbia mai ricevuto.

«La preposizione a implica separazione e distanza. La preposizione per al contrario riguarda l’inclusione e l’unità. Questa sottigliezza ha un senso. Le parole sono dei filtri insidiosi che distorcono la tua percezione, portando a creare drammi senza fine che scatenano il dolore e la sofferenza dell’esperienza umana. Prova a fare questo semplice esercizio e la tua vita cambierà all’istante.

«Immaginati due punti dai quali osservare simultaneamente. Il primo è semplice, è il solito di ogni giorno che presuppone che ogni cosa stia accadendo a te. Il secondo è un po’ più complicato. E’ quel luogo fuori di te che ti osserva mentre tu sperimenti. Da quel luogo percepisci che ogni cosa accade per te – e anche per tutti coloro con i quali interagisci. Da questa prospettiva come definiresti il contrario del giudizio?».

«L’assenza di giudizio!» La parola mi scappò prima che la mente potesse divincolarsi dalla lingua.

«Perle ai porci. Talvolta mi chiedo perché mi importi», rimuginò Zeus. «Suppongo per amore della sfida».

«Il giudizio è simile alla catalessi – che è la sospensione di ogni animazione. Quando si esprimono dei giudizi, gli eventi sono così filtrati attraverso le lenti del pregiudizio che la conclusione è scontata. Ciò non porta a nulla se non a rinforzare le convinzioni preesistenti. Anziché continuare a confonderti, ti risponderò: l’opposto del giudizio, mio caro, è la vivace curiosità!.

«Immaginati che anziché compiere una selezione tra tutte le persone che vedi, tu diventassi insaziabilmente curioso. Accoglieresti la visione per cui nulla nella Creazione accade per caso; ogni cosa – anche la più insignificante – è attentamente orchestrata. In quell’istante ogni esperienza diventa una preziosa lezione.
«Una volta che padroneggi questo concetto nella realtà, puoi tornare a rivedere qualunque avvenimento passato che rechi ancora in sé una carica emozionale. E’ sorprendente come tutto assuma allora una nuova luce. E così diventi un fervente estimatore anziché un bigotto».

«Non è un po’ esagerato?».

«Solo per i bigotti».

Basato sugli insegnamento di Going Deeper
di Jean-Claude Koven
fonte: www.goingdeeper.org
qui l'articolo in lingua originale
-Traduzione a cura di Monica Borroni-

5 commenti:

  1. grazie monica per la traduzione.
    Ho letto il libro ma leggere poche frasi così è bellissimo!!!
    Mediterò su " il giudizio è simile alla catalessi, che è la sospensione di ogni animazione"...bellissima

    RispondiElimina
  2. PURCHè LA "SOSPENSIONE DAL GIUDIZIO" non diventi "assenza di interesse" troppe volte l'indifferenza viene spacciata per categorie superiori,dove l'interesse umano si colora con sfumature di interpretazione e ricerca di conoscenza,e l'assoluta,ricercata,purezza d'intenti è facilmente interpretata da sano menefreghismo !!!
    Gabriella

    RispondiElimina
  3. concordo con gabriella; ma sottolineo che l'epoké, da cui sospensione DEL giudizio é leggermente diversa; e proprio nella sottile differenza" dal "- "del "rende meglio l'idea: se io sospendo la mia opinione e dunque il mio pensiero pensato, ho una sospensione DAL giudizio, cosa poco fruttuosa e generatrice di confusioni.
    Se invece la mia idea circa qualcosa o qualcuno é sospesa del giudizio, dicasi altrui, cio' raforza la mia convizione ma con il garbo del rispetto altrui
    Quantomeno io penso cosi'

    RispondiElimina
  4. si ... molte cose stanno accadendo per me ...

    RispondiElimina
  5. Piacevoli sono le cose che scrivi.Complimenti. Domus

    RispondiElimina